SECONDI
SECONDI
4 - 8 agosto
Pirenei
Prologo
Ottavo anno del Mukkentreffen.
Tutto ha avuto inizio nel 2011 quando, fresco di patente e senza alcuna esperienza di viaggio, Roberta ed io lanciammo l'idea ad Eugenio, fratello di Roberta, di fare un viaggio di più giorni nella prima settimana delle vacanze agostane. Eugenio, che mi ha insegnato ad andare in moto, solleticato dall'idea proposta ha sin dal principio mostrato un insperato interesse.
Insperato perché il viaggio sarebbe stato fatto con persone digiune di moto, di lunghe distanze e, in sintesi, di esperienza: il rischio di trovarsi con delle zavorre era più che elevato. Ciononostante, il progetto estivo fu subito sposato e caldeggiato.
Da allora, come una tradizione, ogni anno ci appuntiamo le date del viaggio in largo anticipo e nel corso dell'anno abbozziamo le strade che potrebbero diventare la meta estiva, arrivando alla vigilia con tutto pianificato.
Quest'anno è stato tutto stravolto.
La colpa è stata mia: Roberta aveva manifestato una certa stanchezza, io avevo dubbi sulla tenuta meccanica della mia moto e non volevo organizzare un viaggio in assenza di Roberta. Durante l'anno ho sempre glissato sul viaggio, gettando dubbi sulla sua fattibilità. Svicolavo il discorso o nicchiavo prendendo tempo.
Mi sono trascinato così lungamente, d'arrivare alle porte di agosto senza alcuna decisione presa: tutti mi chiedevano se ci sarebbe stato il viaggio ed io che ero avvolto in una nuvola di dubbi. A tutto questo, si aggiungevano la stanchezza accumulata durante l'anno di lavoro, il caldo massacrante che soffocava Milano e le varie preoccupazioni familiari.
Sul finire di luglio, sciolte tutte le riserve e fugati i dubbi meccanici, ho proposto al gruppo il viaggio.
Ahimè ci sono state alcune defezioni: Roberta per prima. Provata dall'annata vissuta, si sentiva stanca e fisicamente incerta. Giampo aveva una scadenza lavorativa nella prima metà d'agosto e non averebbe avuto la possibilità di ritagliarsi cinque giorni a ridosso della stessa.
Il Mukkentreffen partiva monco, privo di quell'entusiasmo e di quella complicità di tutti i suoi originari partecipanti e questa situazione mi teneva in un limbo di inquietudine ed incertezza: partire o rinunciare? Partire, mi sembrava di fare una scelta egoistica a danno di Roberta; rinunciare, d'altra parte, mi dispiaceva perché avrei dovuto abbandonare il viaggio e tutto quello che esso porta con sé.
Sono state le parole e il buon cuore di Roberta che alla fine sono riusciti a dipanare tutti i mie assilli. La sua generosità ha permesso che il Mukkentreffen 2018 potesse prendere l'avvio.
In tre soli saremmo partiti, Eugenio, Marcello ed io, alla volta dei Pirenei: cinque giorni ed un itinerario ancora da pianificare; eravamo nell'ultima settimana di luglio senza sapere quale strada avremmo fatto, cosa avremmo visto e dove avremmo dormito.
Complice l'approssimarsi delle vacanze estive, sul lavoro un po' di tempo libero c'era e questo ci ha permesso di procedere alla pianificazione.
Grazie al magnifico mondo del web, non è stato difficile trovare delle buone proposte di viaggio sui Pirenei; inoltre, il passaggio del Tour de France 2018 proprio in quei luoghi ha ulteriormente facilitato la strada da scegliere. Il nostro più grande ostacolo, in questo mare di proposte ed idee, era il tempo: cinque giorni.
La difficoltà è stata proprio questa, riuscire a coniugare giorni, autostrade e strade montane; non era nostra intenzione farci solo dell'autostrada per poter dire d'essere arrivati sui Pirenei. I Pirenei volevamo goderceli. Ma i Pirenei hanno mille varianti, mille itinerari; sono francesi e spagnoli e potrebbe non bastare una settimana per farli tutti, partendo dal Mediterraneo ed arrivando sull'Oceano sul lato opposto. Alla fine, siamo riusciti a trovare un compromesso: tanta autostrada sì, ma con due bei giorni pieni di strade pirenaiche.
Il 31 di luglio abbiamo riservato l'albergo per la prima notte (Akena City Hotel d'Angleterre), eleggendo Béziers quale meta della prima tappa: 860 km da Costa Volpino. Mai affrontato distanze simili in un'unica soluzione. Le tappe a seguire non erano da meno. Le tappe pirenaiche erano di 450 km l'una e quelle di rientro di oltre 700 km. Un viaggio di oltre 3000 km in cinque giorni.
Non nascondo che una certa inquietudine aveva preso spazio nei miei pensieri: tanta strada in pochi giorni; io e la moto avremmo retto?
Il venerdì sera della vigilia della partenza, la tradizionale pizza da Eugenio.
Soli io e lui, pizza, birra e mappe, abbiamo ripercorso la strada che avremmo dovuto affrontato i giorni a seguire e in quel momento gli ho detto: "Ma ce la farò a reggere questi ritmi? E' veramente tanta roba!". E lui, dall'alto della sua esperienza: "Ma certo che ce la faremo!".
Carichi d'entusiasmo e pronti a partire, ci congediamo dandoci appuntamento per la mattina dopo: 6:30 partenza da Costa Volpino e 7:50/8:00 appuntamento con Marcello alla barriera autostradale di Assago all'imbocco della Milano-Genova.
Primo giorno (Costa Volpino - Béziers, km 879):
venerdì sera, ultimi preparativi. La mappa disposta nella tasca trasparente della borsa serbatoio, il bagaglio pronto per essere messo nella valigia della moto e tutti gli indumenti per il giorno dopo sistemati in cucina.
Sveglia puntata alle 5:30.
Sonno ristoratore dopo giorni di caldo soffocante, anche di notte. Al suono della sveglia, con un balzo esco dal letto e mi precipito a fare colazione. Mentre il caffè sale pigramente, ne approfitto per lavarmi e cambiarmi: ottimizzazione dei tempi.
Finito il rituale della colazione, che per l'occasione è stato ridotto al minimo indispensabile, ho caricato la moto e sistemato l'interfono per poter ascoltare la musica durante il viaggio. E' solo un sottofondo che mi tiene compagnia e che mi permette di sentire, sempre, quello che mi circonda.
Ingrano la prima e parto per andare da Eugenio. Qui, ci ritroviamo per la consueta foto della partenza; solitamente, è il babbo di Roberta ed Eugenio che ci scatta la foto e ad essere presenti, sempre solitamente, siamo Roberta, Eugenio, Giampo ed io.
Quest'anno dato l'orario, il piazzale è semivuoto: ci siamo solo Eugenio ed io e le rispettive moto. Un autoscatto ad immortalare la partenza; ranghi ridotti ai minimi termini. Un po' triste l'avvio, sottotono.
Eugenio ed io ci guardiamo e con un sorriso quasi malinconico per le assenze accendiamo le moto e ci diciamo: "Pronti?" Ore 6:30, siamo puntualissimi.
La sensazione che provo ogniqualvolta parto per un viaggio lungo è sempre la stessa. Un'euforia mista a compiacimento.
L'aria ancora fresca della mattina, il sole che si è sì svegliato, ma che non aggredisce ancora con i suoi raggi, il cielo è azzurro e venato dal rosa dell'alba che se ne sta andando. Che dire, un quadro migliore per la partenza di un Mukkentreffen non potevamo chiederlo.
La strada che conduce al rendez-vous con Marcello scorre placida e veloce: costeggiamo dapprima Lovere ed il suo lungolago e poi tutto il lato del lago di Endine che si affaccia sulla SS42.
Giungiamo in perfetto orario al casello e qui troviamo Marcello già in trepidante attesa. Ci salutiamo, scambiamo quattro chiacchiere e giriamo intorno al nuovo gioiellino che ha comprato: una splendida Brutale 800. Ad essere sincero, una moto poco adatta a viaggi con lunghe percorrenze, ma Marcello è abituato a condurre mezzi del genere e, quindi, non manifesta preoccupazioni.
La guardo in tutte le prospettive e poi tasto la sella con le dita e gli dico: "Azz, è più comoda la sella della mia bici da corsa!" e dentro di me ho pensato: "Ma come farà a sopportare tutte queste ore e questi chilometri con una moto simile; io impazzirei". Ma il Marcello è uomo che sopporta fatiche ben peggiori. In nessun momento, nei cinque giorni trascorsi insieme, ho mai sentito Marcello lamentarsi della stanchezza o di dolori causati dalla postura della moto: un trattore!
Ci rimettiamo in sella per affrontare l'autostrada, che da Milano ci avrebbe condotto a Cuneo. Da qui, col di Tenda, Sospel, Nizza (D6204, D2204). Una variante montana per spezzare gli otre 800 km programmati di autostrada: abbiamo fatto due bei colli, quello di Brouis e di Braus, su strade curate e poco trafficate. Una breve parentesi di piacere prima di infilarci in autostrada. A Nizza, finisce la giostra. Entriamo in autostrada e da qui non ne usciremo più se non nel tardo pomeriggio, dopo 400 km di strada tutta dritta.
Quello che mi ricordo dell'autostrada sono i tabelloni luminosi che riportavano la scritta "Attention canicule" e le svariate bevande energetiche che ci siamo scolati.
E' stata una giornata con caldo feroce, che neppure il vento durante la marcia riusciva a mitigare; nei momenti in cui eravamo costretti a restare fermi con il motore acceso, la moto sputava una aria bollente insopportabile.
La lunga giornata di avvicinamento, da me tanto temuta alla partenza, è passata piacevolmente bene. La mia vecchia e possente 1150RT si trova splendidamente a suo agio su strade del genere. Abbiamo macinato chilometri su chilometri ad una velocità costante fra i 130/140 km/h e mi sembrava di essere seduto in poltrona.
Arriviamo a Béziers intorno alle 18:30, troviamo l'albergo dopo aver fatto qualche giro a vuoto e ci sistemiamo: l'albergo è sulla piazza J. Jaures; ci accoglie una stanza tripla, non troppo grande e neppure climatizzata. Un ventilatore portatile a tentare di refrigerare. Va bene così. Ci docciamo, laviamo qualche indumento e poi torniamo in piazza alla ricerca di un ristorante.
Mangiamo di gusto e concludiamo con un bel gelato in piazza. Le moto, nel frattempo, riposano nel parcheggio sotterraneo della piazza.
Secondo Giorno (Béziers - Bagnères de Luchon km 445):
prima di rimetterci sulla strada della seconda tappa, corre l'obbligo di una generosa colazione. Si passa dalla boulangerie per il carico di croissant, pain au chocolat e viennoiserie varie per poi fermarci in un bar sulla piazza, all'aperto e gustarci un café au lait e gli acquisti fatti al forno: una squisitezza.
La tappa di oggi prevede ancora un piccolo tratto di autostrada fino alle porte di Perpignan, da qui la strada D117 fino a Sain Paul de Fenouillet, D7 per le Gorges de Galamus, ritorno sulla D117 facendo un anello sulle D14, D45, D9 per iniziare ad affrontare il primo passo pirenaico della giornata, il Col de Pailhères.
Le Gorges de Galamus sono incantevoli, la strada è intagliata in una roccia chiara e si affaccia su un precipizio spaventoso. Si viaggia a passo d'uomo sia perché si vuole ammirare il panorama, sia perché la strada è percorsa da macchine, moto e biciclette. Fatte le doverose soste con relative foto, ci dirigiamo verso il primo colle: il Col de Pailhères.
A seguire ci saranno i colli di Port e Portel, col de Portet d'Aspet e Col de Menté.
Vaghi i ricordi, perché le ore passate in sella e la strada percorsa sono state tante. Una cosa mi è rimasta scolpita nella memoria: la qualità della strada.
Abbiamo avuto la fortuna di passare sulle strade che pochi giorni prima erano state le protagoniste del Tour de France 2018. Non esagero quando dico che erano dei biliardi. Strade asfaltate di fresco, non una ruga, un'asperità: perfette. E' stato un vero piacere poterle percorrere.
Insieme al motociclista estasiato dalla qualità del fondo stradale, questo asfalto è stato condiviso con altre due ruote: le biciclette.
Tante, guidate da ciclisti di ogni età, che con fatica si arrampicavano su quelle pendenze.
Ecco, a differenza delle ascese alpine, che si sviluppano su altezze più elevate e, conseguentemente, con una natura più rara se non addirittura assente, i passi pirenaici sono solitamente più bassi, quasi mai oltre i duemila metri, più verdi e dagli spazi più aperti.
Quest'anno, abbiamo deciso che la ricerca dell'albergo di fine tappa l'avremmo fatta quasi sul finire della giornata e non la mattina. Questo per due ragioni: la prima, evitare di perdere troppo tempo la mattina e di partire tardi e con temperature già elevate; la seconda, evitare di restare vincolati al luogo prescelto. Avere il vincolo della destinazione, se da un lato assicura la presenza di un albergo a fine giornata, dall'altro impone una meta prestabilita. Nel corso della giornata può capitare qualsiasi cosa e, magari, non si riesce a raggiungere la meta oppure si ha il desiderio e la forza di proseguire. Verso le 18:00, ci fermavamo ed iniziavamo a fare la ricerca dell'albergo.
La scelta dell'albergo della seconda tappa è avvenuta ad una ventina di chilometri dal paese di Bagnères de Luchon. Originariamente, la tappa prevedeva, dopo il col de Menté, non un arrivo diretto a Bagnères, ma un passaggio da una strada secondaria; una variante di circa 50 km. Saggiamente, abbiamo deciso di tagliare la variante e di portarci direttamente a Bagnères, perché la variante sarebbe stata su una strada ad una sola corsia e con un asfalto precario e avremmo impiegato troppo tempo per percorrerla.
Siamo giunti a Bagnères intorno alle 19:00. Lentamente abbiamo guidato verso il centro cittadino, cercando insegne e indicazioni di alberghi. Dopo la chiesa, abbiamo visto un cartello con l'indicazione di un albergo; abbiamo imboccato la piccola via e ci siamo trovati davanti all'Hotel Céleste.
Abbiamo parcheggiato le nostre moto e Marcello ed Eugenio sono entrati per verificare la disponibilità. Io sono rimasto a guardia dei mezzi.
Dopo una ventina di minuti, i due escono, scuotono la testa in segno di sconfitta e si avvicinano. Domando: "Nulla? Dobbiamo trovare altrove?"; nel frattempo, l'orologio segnava già le 19:30 ed un filo preoccupato iniziavo ad esserlo. Loro reggono il gioco della disfatta e dopo un po' mi dicono: "Ma va! Trovato. Stanza tripla, bella (perché nel frattempo erano andati a fare un sopralluogo) e colazione inclusa". Il tutto, ad un prezzo imbattibile.
Ed in effetti, la stanza era proprio bellina: tre grossi letti ad una piazza e mezzo, ampi spazi ed un bel bagno. Una gioia dopo una lunga giornata passata in sella.
Soliti rituali della sera, doccia e lavaggio indumenti, e poi siamo andati a cena.
Scannati dalla fame, siamo usciti dall'albergo e ci siamo diretti sulla via principale. All'angolo con il nostro albergo, c'era un bel ristorantino. Non ci siamo fermati subito, decidendo di proseguire per valutare altre opzioni. Lo spazio di duecento metri e i nostri piedi erano già diretti al primo locale adocchiato.
Un bel piatto di faux-filet con fritte ed una birra media fresca: la pace dei sensi.
Il primo giorno è passato così, fra i colli del Tour de France ed il piacere della guida. Grazie al passaggio in quota, la temperatura è sempre stata gradevole. Non appena l'asticella scendeva sotto i mille metri, si tornava a respirare un'aria soffocante.
Questi primi colli, queste strade, il verde lussureggiante e gli animali al pascolo, hanno ampiamente ripagato il grosso sacrificio fatto il primo giorno per avvicinarci. Gli 800km di autostrada del giorno prima sono stati immediatamente dimenticati già al momento in cui ci si sono aperte le gole di Galamus; dopo d'allora, è solo stato piacere.
Infine, una piccola nota che non vuole essere critica, ma semplicemente l'osservazione di un dato: rispetto alle stupende ed amate Dolomiti, che non hanno paragone al mondo, ma che hanno strade ingolfate peggio che se ci si trovasse alle 8:30 del mattino in viale Fulvio Testi in direzione di Milano, su quelle pirenaiche il traffico è limitatissimo e per nulla fastidioso. Spesso abbiamo fatto tratti senza incrociare nessuno.
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Terzo giorno (Bagnères de Luchon - Orlon Sainte Marie, km 493):
la tappa pirenaica.
Tappa lunga, calda e con strade favolose. Direi la tappa da me preferita, quella che mi farà ricordare questo viaggio sui Pirenei.
Non che le altre siano state meno appassionanti, divertenti o piacevoli, ma questa si è sviluppata per tutta la sua interezza su strade montane, nessun metro di autostrada.
Prima di addentrarci nella descrizione della giornata, una breve parentesi merita la colazione. Come detto, compresa nel prezzo della camera.
Di buon ora, ci presentiamo nella sala che l'hotel ha dedicato alla ristorazione. Tanti tavoli già apparecchiati e, con stupore, su alcuni campeggiavano bottiglie di vino rosso consumate a metà.
Ci appare davanti il maitre de salle; è lui il vero protagonista della colazione, non tanto quello che abbiamo consumato.
Un uomo sulla sessantina, magro, non troppo alto, vestito di nero, con capelli quel tanto lunghi da portarli all'indietro e cosparsi di gel: almeno, questa è stata la nostra speranza.
Viso rugoso e occhio affaticato; che a noi è sembrato affaticato da un goccio di vino di troppo.
Ci riceve, ci chiede il numero della camera per assegnarci il tavolo e poi inizia a guardarsi intorno; osserva la sala come se fosse la prima volta che la vedesse. Si guarda in giro e fra una alzata di spalle, uno sbuffo ed un bofonchiare fra se e con gli altri ospiti, decide di affidarci un tavolo in centro alla sala.
Ottimo. Sistemiamo le chiavi della camera sul tavolo ed iniziamo a portarci verso lo spazio dedicato al self service. Non facciamo in tempo ad allontanarci di qualche metro dal tavolo, che arriva una coppia di ospiti; con fare stizzito ed innervosito, si rivolge al maitre dicendogli che quel tavolo, quello a noi assegnato, era il loro.
Niente di peggio per mandare in pieno corto circuito il brillante maitre. Completamente perso e disorientato, riassegna il tavolo ai legittimi ospiti e a noi...il vuoto cosmico; continua a girarsi e a rigirarsi: lo spazio è quello, i tavoli sono quelli, non aumentano se continui a volteggiare come una trottola!
Ad un certo punto, gli dico: "Ci sistemiamo di fuori, nessun problema". La luce. Ancorché stupito, perché è stato un suggerimento che rompeva gli schemi dei tavoli della sala, acconsente a sistemarci nel dehors. Una porta a vetri divide la sala da pranzo con la nostra nuova sistemazione. Una porta che da lì a breve diventerà la causa di un mezzo scontro diplomatico con degli altri ospiti. Con fare molto garbato, queste persone, che avevano un tavolo nei pressi della porta, l'hanno sbattuta tenendoci fuori. Una porta che aveva la sola maniglia all'interno della sala e, quindi, noi siamo rimasti fuori: tre statue di sale bloccate da due cafoni.
Il sangue per un istante è schizzato alle stelle: non solo in sala non ci avevano trovato una sistemazione, ne avevamo diritto al pari di tutti gli altri ospiti, non solo ci eravamo sistemati all'esterno, ma anche chiusi fuori da una coppia di rincoglioniti. Prima che i toni si accendessero e i Santi scendessero, è intervenuto, e questa volta in maniera tempestiva, il buon vecchio maitre, che ha sistemato il tutto con una soluzione di buon senso.
Ahhh! E adesso, che colazione sia: buona, abbondante e senza che nessuno ci importunasse. Non faceva caldissimo all'esterno, ma con una felpa sulle spalle abbiamo mangiato divinamente: per i fatti nostri, senza dover badare al tono di voce e con tutto lo spazio a disposizione.
Beh, dopo questo inizio, che ha dato una scossa in più al risveglio, ci avrebbe aspettato una lunghissima giornata in moto: dalle 9:00 alle 20:00 ed una pausa pranzo risicatissima.
E' stata la giornata dei colli di Peyresourde, d'Aspin, Tourmalet, Soulor, d'Aubisque, de Marie-Blanque, Somport e di Pierre Saint-Martin.
Strade spettacolari, con un asfalto perfetto -come dicevo, sono state le strade percorse dal Tour de France di quest'anno-; verde tutto intorno a noi, animali al pascolo, vacche, cavalli, pecore; per non parlare del nugolo di ciclisti che saliva verso queste vette che sono definite HC: hors catégorie.
Uno dietro l'altro abbiamo inanellato i vari colli, intervallati da piccoli paesi immersi nel caldo feroce di quest'inizio di agosto. Ed in uno di questi abbiamo cercato, intorno alle due del pomeriggio, di rinfrancare le nostre stanche membra con dei panini ed una buona Coca: nulla, tutto chiuso.
Allora, abbiamo ripreso la strada nella speranza di trovare un altro paese dove poter mangiare qualcosa. Salite, panorami selvaggi, animali in libertà ed in tutto questo, nessun paese. Disarmati, affamati e stanchi, ci siamo ritrovati sulla strada che dai Pirenei francesi porta verso il confine con la Spagna, attraverso il Col di Somport. Qui, come un miraggio, vediamo alla nostra sinistra l'insegna di un bar. Inchiodiamo le nostre moto ed entriamo. Sulla porta d'ingresso è posto un cartellone dei gelati: mal che vada, pranziamo con quelli. Entriamo chiedendo quasi sommessamente la possibilità di avere un panino: bien sure! risponde il barista. Locale climatizzato, panino lungo quasi quanto un braccio ed una Coca congelata: ah, che meraviglia!
Dopo la pausa pranzo, svalichiamo in Spagna ed affrontiamo un anello che dal Somport, sulla N330, arriva a Jaca; da qui, la N240 verso Puenta la Reina e poi a nord sulla A-176 verso Hecho, la valle di Ansò, la N. 137 per rientrare in Francia attraverso il Col la Pierre-Saint-Martin.
Che dire del tratto spagnolo: affrontato in maniera criminale il tratto da Puente la Reina al confine francese. Vuoi il tempo che correva inesorabilmente, i chilometri che ancora ci dividevano dal paese di fine tappa ed una strada da manuale, non abbiamo risparmiato le nostre moto. Se dovesse arrivare qualche contravvenzione, non dovremmo stupirci.
Alle sette di sera ci troviamo nuovamente sul confine franco-spagnolo, pronti a discendere verso Oloron-Sainte-Marie: ancora tanta strada dobbiamo percorrere e non abbiamo ancora cercato l'albergo. Dei geni! Ma siamo talmente ebbri delle strade fatte, che non ci preoccupa di non aver cercato ancora nulla: troveremo, siamo fiduciosi.
Lungo la strada, incontriamo un paese passato qualche ora prima. C'è una maison d'hotes, molto carina dall'esterno; purtroppo e però completa. Restiamo con le moto parcheggiate lì fuori la maison ed iniziamo la ricerca dell'albergo.
Ad un certo punto esce la padrona di casa, ci chiede se abbiamo bisogno d'aiuto, fa qualche chiamata ed alla fine ci trova un albergo a Oloron.
Siamo stati contenti dell'aiuto offerto e della gentilezza riservataci, ma se avessimo fatto affidamento sulle nostre capacità e su Booking, avremmo trovato una sistemazione decisamente migliore.
Perché la sistemazione recuperata era proprio...precaria? Diciamo pure che nell'ultimo periodo aveva visto non troppi ospiti. Ma va benissimo così, fa parte del viaggio e dell'esperienza.
Arriviamo ad Oloron in tarda serata, verso le 20:30. Scarichiamo le moto, ci facciamo una doccia rapida e poi andiamo per le vie del centro alla ricerca di un ristorante. Ma è troppo tardi e le cucine sono già tutte chiuse. Ed allora? C'è un concerto in piazza, qualche chiosco che vende roba da mangiare ci sarà.
Sì, effettivamente il chiosco c'è ma la fila e lunghissima. Muniti di pazienza ci accodiamo, sperando che venga smaltita in tempi rapidi: macché! restiamo inchiodati nel nostro metro quadrato per un tempo spropositato. Affamati e disillusi di poter ordinare qualcosa, ci compriamo dei gelati confezionati e via. Questa la nostra cena.
Rientriamo con lo stomaco deluso, ma con il ricordo di una giornata memorabile.
Quarto giorno (Oloron Sainte-Marie - Bagnols, km 791) e quinto giorno (Bagnols - Costa Volpino, km 658):
ormai siamo sulla strada del ritorno, i Pirenei sono alle nostre spalle e davanti a noi tanta, tanta autostrada. Ci avvicineremo il più possibile a Lyon, affinché il giorno successivo ci sia più tempo per fare un passo alpino.
Originariamente, avevamo pensato di uscire a Modane e fare l'ingresso in Italia dal Moncenisio; lungo il cammino, abbiamo deciso di uscire a Saint-Michel de Maurienne, fare il Galibier, arrivare a Briancon e da lì decidere se fare un altro colle o rientrare in Italia dal Monginevro.
Il quarto giorno arriviamo a Bagnols, un piccolo paesino scelto in base ad un gite trovato con booking. Paese gradevolissimo, in mezzo a delle colline coltivate a vitigno. Il nostro gite è decisamente delizioso.
La sera, ci trattiamo da signori. A dei ragazzi del posto abbiamo chiesto se vi fossero dei ristoranti nei paraggi e questi ci hanno indirizzato in un paesino lì vicino, perché avremmo trovato più varietà di scelta.
Prendiamo così le nostre moto intorno alle 20:00 di sera, dopo esserci sistemati nel gite, portandoci nel piccolo borgo suggerito. C'erano due ristoranti: uno chiuso, l'altro aperto e molto, molto chicchettoso. Noi arriviamo con il nostro abbigliamento spartano da motociclisti in un contesto elegante e con gente vestita sì casual, ma nello stesso tempo ricercato ed elegante.
Noi anelavamo ad una bella entrecote e frittes ed, invece, il menu traboccava di piatti ricercati e sopraffini; i costi, parametrati all'ambiente.
Ma sì, via il cappello!
La sera prima abbiamo cenato con un gelato confezionato Magnum ed oggi andiamo in compensazione. Ben mangiato, ben trattati ed, infine, non abbiamo neppure speso uno sproposito.
Il giorno successivo, lasciamo Bagnols e ci dirigiamo verso Saint-Michel de Maurienne. Lasciamo l'autostrada dopo un giorno e mezzo di full immersion ed iniziamo la salita del colle, passando prima dal Telegraphe.
L'ascesa, che già conosciamo, segna una netta differenza con quelle fatte pochi giorni prima sui Pirenei. Qui, la strada si incunea fra valli strette e cime aguzze; le altezze diventano subito importanti e a questo consegue il freddo, le nuvole basse e la pietra dura, grigia ed imponente: tutt'altro contesto rispetto ai Pirenei.
Arriviamo, infine, a Briancon e qui dobbiamo decidere se salutare Marcello, che va in Valle d'Aosta, ed affrontare qualche altro colle o rientrare tutti insieme. Abbiamo alle spalle 2800 Km fatti in quattro giorni e la stanchezza inizia ad affiorare. Rischiare di farci male a causa della mancanza di lucidità, sarebbe da irresponsabile ed immaturi. Decidiamo, così, di rientrare tutti insieme dal Monginevro.
Epilogo:
un Mukkentreffen improvvisato negli ultimi giorni, con mille dubbi e perplessità, non al completo di tutti i consueti protagonisti e migliaia di chilometri in cinque giorni.
Temevo che sarebbe stato un flop ed invece, vuoi i giudizi entusiasti, e spero sinceri, di Eugenio e Marcello, vuoi i luoghi visti e le strade affrontate, vuoi ancora la tenuta fisica nonostante le ore passate in sella e i chilometri macinati, il Mukkentreffen 2018 va in archivio regalandoci un bellissimo ricordo.
Ammetto che restando davanti con la mappa a dover condurre, se da un lato consente di avere una maggior contezza e consapevolezza dei luoghi attraversati, dall'altro impone una maggior concentrazione e responsabilità affinché non si sbagli l'itinerario. Si perde un po' di quel piacere puro della guida, che viene però ripagato quando chi ti segue toglie il casco e colmo di entusiasmo ti dice: "Che meraviglia, mi sto proprio divertendo".
Termino di scrivere questo racconto ad ottobre, a due mesi dalla fine del viaggio, e mi capitata, di tanto in tanto, di trovarmi in autostrada in macchina e di ripensare con nostalgia e piacere ai giorni d'agosto passati sulle strade francesi e spagnole, ed allora un sorriso mi si dipinge sul volto.