SECONDI
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Tappa III
1 agosto 2007
Fròmista—Calzadilla de la Cueza (37/39 km)
Si riparte alle 5:45. Avrei dormito sino a mezzogiorno. La tappa di ieri è stata tosta.
Ho una vescica al quarto dito del piede sinistro che mi preoccupa perché se dovessimo ritrovare un fondo come quello di ieri...difficili previsioni per la conclusione della tappa.
Partiamo su asfalto, il Cammino è parallelo alla strada ed il fondo è regolare. Viaggiamo senza problemi fino a Villalcazar de Sigra, visitando prima la chiesa di Villarmintero, e ci fermiamo per la colazione. Affamatissimi.
Riprendiamo sino a Carrion de los Condes: visita cittadina, rifornimento di Sali e acqua perché ci aspettano 17 km di assoluta solitudine.
Li iniziamo su asfalto, andiamo di buon passo per almeno cinque chilometri. Ad affrontare questo tratto siamo in quattro: Ale ed io e due tedeschi. Ovviamente, una volta davanti loro ed una noi. Dopo cinque chilometri da Carrion inizia il tratto di sterrato, dal fondo difficile perché ha pietre sporgenti che scompongono l’assetto del piede: aumentano, così, dolori alle piante ed ai legamenti anteriori delle caviglie.
Perdiamo i tedeschi, che rimangono dietro a consumare il loro pranzo all’ombra dei pochi alberi presenti: veramente pochi alberi.
Di ciclisti nemmeno l’ombra. Restiamo solo noi ed un sentiero dritto che si perde all’infinito. Chilometri interminabili, vento che, fortunatamente, non ci fa capire quanto il sole stia bruciando le nostre pelli (protette dal nuovo acquisto della crema).
Ci fermiamo in una delle rarissime zone d’ombra e mangiamo frutta con l’aggiunta di un enervit GT a testa.
Continuiamo nella desolazione benché il paesaggio attorno sia abbastanza vario.
Il Garmin è scarico e non sappiamo quanti chilometri manchino: stimiamo un arrivo intorno alle 14:30 / 14:45. Un dosso si avvicina nascondendoci il resto dell’orizzonte. Lo affrontiamo con enfasi, sperando che dietro vi sia Calzadilla. Giunti alla cima il risultato è sconfortante: il sentiero continua senza fine. Scattiamo due foto a testimonianza dell’assurdità di quanto affrontato e di quello che ci aspetta.
Proseguiamo in silenzio uno dietro l’altro perché vi è una sola striscia di terra percorribile, il resto è troppo rovinato. Il vento soffia nella nostra direzione e ci impedisce di parlare, non riusciamo a sentire le nostre parole. Rimaniamo, obbligati, chiusi nei nostri pensieri. Fa caldo, il sole e cocente, le ore di cammino iniziano ad aumentare e la stanchezza si fa sentire, insistentemente.
Arrivano le 14:20, il Cammino è sempre dritto e all’orizzonte non c’è traccia di alcun paese. Prendiamo la cartina per capire dove si possa essere: eppure il paese dovrebbe essere vicino, ma dove?
Proseguiamo e ad un tratto si intravede un campanile.
Il paese c’è, è anch’esso in una conca.
Sembra il set di un film di Sergio Leone: spettrale, non mi stupirebbe se vi fossero solo le facciate delle case e dietro niente.
Ci dirigiamo, immediatamente, verso un bar; incontriamo un signore spagnolo (di 50/60 anni) incrociato all’inizio della tappa e col quale scambiammo due parole: lui in spagnolo, io...boh! Avevo capito, per certo, che il tempo sarebbe volto al brutto, con pioggia, tant’è che mi mostrò d’aver preparato per un uso immediato la cerata.
Talmente nuvolosa la tappa che alle 17:50, momento in cui sto scrivendo, il sole non ha ancora mollato la presa: è dalle 9:00 che è in cielo, incontrastato.
Con lo spagnolo ci dirigiamo al bar e scambiamo le solite quattro parole. E’ bello notare come si possa, volendo, tentare di stringere un legame, a prescindere dalla nazione, professione o altro.
Ale ed io ci facciamo una caña (cagna) (€ 1 cad., dove capita in Italia?) e poi andiamo all’ostello.
Solito rituale del sello-assegnazione branda-lavaggio indumenti-lavaggio uomo.
Ale è a dormire; io ricordo la tappa.
Non ho ancora capito cosa sia il Cammino, ma ho scoperto quanto forte sia il fatto d’essere pellegrino: si parla con tutti, ci si aiuta sempre e comunque, non manca mai un sorriso, non fosse altro che per rincuorare.
Rivivo, a volte, ciò che accade prima e dopo una gara podistica: c’è un denominatore comune.
Nel Cammino, il fil rouge, il legame è evidente, più pregnante e rende speciale ogni incontro, anche con persone con le quali puoi parlare solo a gesti.
Per ora sono contento della scelta fatta. E’ bello vedere la gente fare tutti le stesse cose ed è una situazione che si perpetua nel tempo e forse in esso si perde.
Tutti diretti là, per ragioni diverse, ma tutti verso l’unico obiettivo. Il Cammino serve, spero, a capire perché si decide di arrivare a quell’obiettivo.
Domani quarta tappa.
Impapereremo sicuramente qualcosa di nuovo e di utile in preparazione di quando arriveremo.