SECONDI
SECONDI
Tappa IV
2 agosto 2007
Calzadilla de la Cueza – El Burgo Ranero (40 km)
​
Prima di affrontare la tappa è d’uopo spendere due parole sul gestore dell’unico bar-ristorante del paese (in spagnolo pueblo).
Quarantacinquenne, capello mosso, leggermente lungo dietro la nuca e con un leggero inizio di calvizie.
Camicia aperta sul petto, pelo, jeans a vita bassa e stretti al culo, cintura multicolore e scarpa a punta: si intonava perfettamente all’ambiente.
La cena è servita alle 19:30; alle 20:00 ha già fatto mangiare tutti i pellegrini. Non so se la velocità fosse legata all'esigenza del pellegrino o fosse un chiaro segno di liberarsi di noi.
Entriamo nella camerata, grande e stipata, sistemiamo lo zaino, puntata al bagno, grazie al cielo, e poi sonno profondissimo nonostante il materasso virasse, spaventosamente, ad assumere la forma ad U.
La mattina partiamo presto: h. 5:00, in compagnia di Ricardo, marciatore dalle lunghe distanze; compagnia di cui pagheremo dazio.
Si chiacchiera in spagnolo ed in italiano, sembriamo capirci.
Intorno alle 7:00 facciamo colazione a Terradillos los Templarios; alle 8:30 siamo a Sahagun: 20 km in poco più di tre ore, ad una velocità, col senno di poi, folle ed assurda.
A Sahagun, Ale ed io facciamo spesa mentre Ricardo si mangia un bocadillo (panino).
Mangiamo e decidiamo di intraprendere il resto della tappa separati: apprezzo l’idea lanciata da Ale.
Rincontriamo Ricardo, spieghiamo i piani e ci diamo appuntamento a Bercianos del Real Camino (paese di fine tappa per Ricardo) per un saluto perché Ale ed io puntiamo al paese successivo.
Ale parte dopo le foto di rito ed io giro intorno alla chiesa e mi faccio mettere il sello, consentendo che fra me ed Ale si formi un discreto margine.
Il cammino inizia concentrato sui dolori al collo dei piedi; è una striscia di sterrato ben battuto che corre di fianco ad una strada: una noia mortale.
Alle porte di Bercianos c’è un santuario dove, casualmente, ritrovo Ale: due battute, mangiamo qualcosa e poi ripartiamo, nuovamente separati.
A Bercianos passo per i due ostelli chiedendo di Ricardo: lì non si è fermato.
Riparto per El Burgo Ranero.
Il dolore ai piedi aumenta, ma è sopportabile. Altri sette chilometri di noiosissimo percorso –per fortuna sul lato sinistro stanno crescendo degli alberi che fanno un po’ di ombra- ed arrivo a El Burgo Ranero.
Stanco, seguo la freccia gialla (la flecha amarilla) che mi conduce all’albergue.
Seduto fuori, per terra, con la schiena appoggiata al muro c’è Ale, anche lui visibilmente stanco.
Entriamo e ci dicono che è completo: panico.
I francesi, hospitalleros, si correggono e ci dicono che ci sono due sistemazioni: nella stanza a piano terra destinata ad uso comune, per terra; ovviamente accettiamo.
Il responsabile è un soggetto alquanto singolare, con indosso una tunica di lino bianca ed un pantalone degli stessi colore e tessuto.
In francese ci spiega regole e luoghi e poi sparisce.
Gli altri due hospitalleros si occupano delle pratiche burocratiche (il giorno dopo, ci accorgiamo che hanno dimenticato di mettere il sello sulla credenziale di Ale).
Facciamo le solite cose post tappa. Accusiamo dolori forti.
Io ho freddo e temo la febbre. L’albergue ha un giardino sul retro e noi ci andiamo con i materassini, ma senza sacco letto. Spariamo quattro minchiate e ci addormentiamo di schianto.
Il freddo ci sveglia. Andiamo a cena e siamo un po’ preoccupati per i tendini.
Rientriamo, aulin, prepariamo la tappa per il giorno successivo: una ventina di chilometri fino a Mansilla de las Mulas.
Ci accampiamo dentro i sacchi letto e ci addormentiamo.
E’ stata una giornata faticosa e, purtroppo, deleteria; speriamo di riprenderci presto.
L’esperienza in solitaria è stata un po’ noiosa, anche a giudizio di Ale. Forse sarebbe stato più intrigante se l’avessimo decisa in altri luoghi più suggestivi.
La tappa di oggi è stata proprio noiosa.
Gli aspetti positivi?
L’sms di risposta mandatomi dal Tofu. Ero così contento che a fine lettura, sorridendo, ho baciato il telefono: se qualcuno mi ha visto, chissà quale giudizio!
L’aver scambiato due parole con una ragazza/donna austriaca (metà in inglese e metà in italiano, grazie ai suoi studi della nostra lingua) ed una signora francese sul road-map.
Aver incontrato due ragazze di Castelfranco Veneto e con loro opinato sul Cammino.
Torno a ripetermi, il bello del cammino è proprio questo: incontrare persone in una condizione di assoluta apertura, quasi senza barriere protettive.